STORIA CADORINA

‘L CASON DE SANTA ORSOLA

Interessantissimo Studio di Luciana DE NICOLÒ

L'Archivio digitale cadorino desidera esprimere la propria gratitudine alla Signora Luciana DE NICOLÒ innanzitutto per la generosità e la pazienza, ma più particolarmente per l'operosità tanto discreta quanto indispensabile svolta con l'assoluta dedizione di chi sa sempre individuare l'importanza delle cose.

Nel centro del paese di Vigo, in un angolo della piazza, sorge l'antica ed umile chiesetta di Sant'Orsola. Fu fatta costruire con l'autorizzazione del Patriarca Bertrando nei primi anni dopo il 1340 (don Pietro da Ronco, Il Santuario di Sant'Orsola di Vigo, ASBL, anno VIII, p. 757), probabilmente nel 1344-45, da messer Ainardo, figlio di ser Odorico da Vigo, Podestà del Cadore dal 1313 al 1321 (don Pietro da Ronco, ASBL, anno VIII. p. 757).

Grazie alle pergamene giunte fino a noi, alle trascrizioni dei documenti più importanti fatte nel corso dei secoli da Notai del luogo (cadorini), alle copie successive di don Pietro da Ronco, ai regesti di monsignor Giovanni de Donà e agli studi compiuti più recentemente dal professor Carlo Rapozzi, siamo in grado di conoscere diverse notizie sicure intorno ad Ainardo e alla sua famiglia. (Tutti i documenti sono conservati presso la Biblioteca Cadorina e la Canonica della Chiesa Parrocchiale di San Martino di Vigo).

A quel tempo la famiglia "da Vigo" era una delle più note e facoltose dell’Oltrepiave, dove possedeva una copiosa (cospicua) sostanza e dove aveva la sua residenza stabile. Don Pietro da Ronco nel suo opuscolo "Il santuario della Chiesa di Sant'Orsola" (ASBL, anno VIII, p. 796) racconta che Odorico aveva la sua casa "...in quella parte di Vigo che si chiamava già allora e che si chiama ancor oggi Sacco...". In questo luogo fu stilata la pergamena del 4 luglio 1318 che riguarda la dichiarazione dei fondi che pagavano la decima agli eredi del defunto domino Pietro da Vigo: "... in domo domini Odorici de Vigo Cadubrii potestatis ..." e proprio in questa casa si presume che Ainardo abbia trascorso la sua fanciullezza. Ma sicuramente questa dimora non fu l'unica da lui posseduta nel territorio di Vigo, come ci conferma il suo testamento del 20 maggio 1346.

Infatti in questa occasione egli assegnò in eredità ai suoi parenti una casa situata nel piano di "Barco" ed una nel luogo detto "Crepe", e certamente, sebbene ciò non risulti specificato nel testamento, avrà lasciato un alloggio anche a sua moglie Margherita di Leisach ed al fratello di lei Josto, suoi eredi principali e che vivevano con lui. Ma quell'edificio che a Vigo è conosciuto come '1 Cason de Santa Orsola e che tutti sanno aver ospitato per diversi secoli i Rettori di questa cappella, può essere appartenuto ad Ainardo? E' a questo interrogativo che cercheremo di dare una risposta.

Durante i lavori di ristrutturazione eseguiti negli anni ottanta (1980), su una parete del primo piano e precisamente sopra la finestra della stanza centrale, apparve un piccolo dipinto che al momento sembrò insignificante e che perciò sfortunatamente andò perduto; un (tondo) cerchio grigio-azzurro di circa 40-50 cm di diametro conteneva un giglio di Firenze di color giallo terminante in basso a punta di spada. Potrebbe essere stato questo lo stemma dei "da Vigo" o di Ainardo? Purtroppo per il momento non lo sappiamo. Ci proponiamo di rispondere a questi quesiti, analizzando i vari documenti rimasti ed esaminando le ricerche e gli scritti compiuti dagli studiosi e dagli storici che si sono interessati all'argomento.

Per ora (?) tralasceremo i documenti antecedenti al 1345 e ci occuperemo degli atti che riguardano direttamente la chiesa di Sant'Orsola.

Come abbiamo detto sopra, è quasi certo che già l'anno precedente ser Ainardo aveva dato inizio alla fabbricazione di questa cappella dedicata a Sant'Orsola "...nativa dell'Inghilterra ed alle sue compagne martorizzate con Essa verso la metà del secolo V°, a Colonia Agrippina dagli Unni di Attila..." (don P. da Ronco, Il Santuario..., ASBL, anno VIII°, p. 757).

Infatti il 1° marzo 1345, con due documenti redatti a Pieve alla presenza delle maggiori autorità cadorine di quel tempo, Ainardo istituì il beneficio e stabilì la dote perché la sua chiesetta potesse vivere e funzionare decorosamente.

Col primo atto le assegnò un patrimonio non indifferente, consistente in diciannove appezzamenti di terra prativa ed arativa e in gran parte delle decime che egli percepiva nel territorio dì Vigo, di Laggio e di Salagona, perché servissero al mantenimento di un Cappellano che nella chiesa da lui ideata e voluta celebrasse quotidianamente la Santa Messa. Non le attribuì nessuna abitazione (domus), tranne:

"...unum stablire (o stabulum) integrum cum domo et prato... jacentem in loco vocato in summitate Crevoladi (oggidì Cergolou)..." (don P. da Ronco, ms. vol. 1°, p. 764),

cioè un fienile con stalla ed accanto una abitazione per le persone in località Zergolon, una zona distante dal paese e dalla chiesa, raggiungibile probabilmente solo nel periodo estivo per la monticazione e per i lavori agricoli. Ma nello stesso documento, anzi proprio come prima donazione (“In primis”), Ainardo destinò alla sua chiesa:

"...unum mansum terrae jacentem in Vigo de Cadubrio, in loco vocato Casanova...”.

"Mansum" nel latino medievale significa dimora e secondo don Pietro da Ronco (ASBL, vol. II°, p. 942) corrisponde al dialetto cadorino "mas", cioè è "...una estensione di terreno prativo, lontano dal villaggio, di proprietà privata, con sovrapposto un edificio di cui una parte serve per camera e cucina e un'altra parte è stalla e fienile da tenervi il bestiame; oppure anche l'edificio intero ad uso dì stalla e fienile...". Dunque questo "mansum" o maso poteva benissimo essere abitato e perciò ospitare (accogliere) la prima sede della Rettoria di Sant'Orsola. Sembrerebbe inverosimile, (strano, inconcepibile, inammissibile) se un uomo accorto com'era Ainardo, non si fosse preoccupato di offrire un alloggio al Sacerdote che si assumeva come impegno principale la celebrazione quotidiana della Messa.

Questo maso era situato in località Casanova, località nominata a proposito delle decime che venivano pagate "...incipiendo a via et a cruce Bevorchae, a Puteo, et a Casanova inferius...". Certamente in questo luogo esisteva anche una casa, costruita forse non molti anni prima (come ci fa pensare la denominazione stessa), che per il momento non risulta assegnata alla chiesa e non si sa neppure se appartenesse o meno ad Ainardo o alla sua famiglia; ma di questo argomento avremo occasione di occuparci più avanti.

All’11o "Item" Ainardo lasciò ancora un prato "...in Summa-Cronte, a Casarota...". Anche quest'ultima località citata ci induce a pensare all'esistenza di una casa ormai diroccata, situata a Summa-Cronte; ma questo nome non potrebbe avere qualche attinenza (connessione, rapporto, relazione, legame) con "Chi de Caronte"? Forse in quel luogo (posto, zona) c'era veramente una casa (edificio, costruzione) in rovina, magari a quel tempo abbandonata, ricostruita negli anni o nei secoli successivi e che esiste tuttora? Inoltre con l'atto di dotazione, stilato nello stesso giorno e nello stesso luogo del precedente, Ainardo cedette ancora quattordici appezzamenti di terra prativa, tra i quali "...unum stablire in Larinis de Cadubrio cum domo et prato iuxta se tenente..."; certamente anche questa dimora non era abitata per tutto l'arco dell'anno, ma solo nel periodo estivo, essendo (trovandosi) lontana da Vigo.

Il 20 maggio 1346 Ainardo giaceva gravemente malato nella sua casa di Serravalle, (Vittorio Veneto), dove trascorreva parte dell'anno e fece testamento. Ordinò di essere sepolto provvisoriamente nel cimitero di Sant'Andrea di Serravalle e di essere trasportato nella chiesa di Sant'Orsola di Vigo appena questa fosse stata consacrata. Ordinò di compensare generosamente i Sacerdoti e quanti si sarebbero occupati del suo funerale e della traslazione della salma; lasciò un'offerta alle chiese di Sant'Andrea di Serravalle, di San Martino di Vigo, di Santa Maria di Pieve di Cadore, a tutte le chiese da Pieve ad Auronzo, alle famiglie dei quattro paesi dì Oltrepiave (Vigo, Laggio, Pelos e Salagona). Non dimenticò i suoi servitori e beneficò generosamente i suoi parenti, in particolare i suoi nipoti Odorico e Cadorino figli di Giovanni suo fratello premorto, i figli del loro fratello Domenico, tutti gli altri nipoti, i cugini e i figli di cugini, tra i quali i fratelli Zanetto, Otto, Gerardo e Jacobo, figli del fu ser Bentivegna de Plaza. E proprio a questi ultimi lasciò in eredità un'abitazione che sorgeva nel territorio di Vigo, "... in loco qui dicitur in Plano de Barche, aestimationis septem jugerum terrae..."; inoltre a Zanetto, il primo dei fratelli, assegnò anche una secónda casa giacente nello stesso Regolato "...in loco qui dicitur Crepe...".

Nessuno ha mai ricordato o ricorda che in "Barco" sorgessero case, ma appena sotto la strada provinciale (?) che da Pelos conduce a Vigo, dove passava la vecchia via che proprio dal piano di Barco saliva alla piazza passando davanti alla "fusina" (demolita dopo gli anni 1950) e attraversando Borgo Sacco, esattamente nel luogo chiamato Ciasarì (Casarin o Chiasarin), esiste tuttora una fila di sassi disordinatamente sovrapposti che fa supporre l'esistenza di una casa nei tempi passati.

Riguardo alla seconda, ancor oggi a Vigo c'è una strada chiamata "la Riva dei Crepe"; ed è precisamente quella che davanti alla casa "de chi del Capo" si divide da Borgo Sacco e sale alla Chiesa di San Martino e alla borgata chiamata Uffici Vecchi, perché in questo luogo si trovava il famoso "Paveon" dove i nostri antenati si riunivano ogni volta che dovevano prendere una decisione importante. Quasi in cima alla salita, sulla sinistra, esistevano veramente i ruderi di una casa di muro antica e signorile che veniva ricordata come la casa del Conte, tanto che la famiglia che vi abitò fino ai primi decenni di questo secolo ricevette il soprannome di "chi del Conte" e come cognome Da Rin Conte. Con molta probabilità questa era la casa dove Ainardo nacque, dove trascorse la fanciullezza e la giovinezza assieme al padre Odorico, alla madre di cui non conosciamo il nome, al fratello Giovanni e alle sorelle Piacenza e Margherita, quella casa che don Pietro da Ronco colloca a Sacco, luogo in realtà non molto distante da qui.

Ainardo non aveva figli, era sposato con Margherita di Longareya o di Leisach, un paesetto vicino a Lienz nel Tirolo. Di lei sappiamo che era figlia di un Odorico e che aveva dei fratelli tra i quali uno di nome Josto che faceva il notaio e che forse si era trasferito a Vigo e viveva con lei o almeno vi trascorreva lunghi periodi. Ainardo nominò Josto e Margherita eredi universali di tutti gli altri suoi beni, a condizione però che la moglie non passasse a nuove nozze; se Margherita si fosse risposata col consenso di Josto e degli altri suoi fratelli, avrebbe ricevuto soltanto il terzo dell'eredità; se invece si fosse risposata contro la volontà dei fratelli avrebbe dovuto rinunciare a tutto, compreso quanto il marito le aveva donato durante il matrimonio e avrebbe potuto avere soltanto la sua dote personale. Quindi, sebbene non lo dica esplicitamente nel testamento, Ainardo lasciò alla moglie ed al cognato la casa di Serravalle dove dettò le sue ultime volontà e una casa a Vigo, e precisamente quella nella sala della quale fu redatto l'inventario delle decime il 12-13 luglio 1345 "... in Villa Vigi in sala domus de muro dicti ser Aynardi...".

E ciò è confermato dal testamento dello stesso Josto scritto poco più di due anni dopo proprio nella casa che fu di Ainardo. Josto fece testamento il 24 luglio 1348, presente tra gli altri il Pievano di Vigo Vendramino ed anch'egli, come Ainardo, espresse il desiderio di essere sepolto in Sant'Orsola una volta consacrata. Anche Josto non aveva figli, pur essendo sposato con una giovane donna, anch'essa di nome Margherita [mons. G. De Donà, Miscellanea cadorina (?), p.(?)]. Assegnò la casa ed i beni dì Vigo "...liberi come gli ebbe da ser Ainardo, e la casa di Serravalle se sua moglie non sarà pregna di un maschio..." a suo fratello Juano (mons. G. De Dona, Cadore, vol. III, pp. 445-446), non nominò la sorella Margherita che molto probabilmente si era già sposata con Federico detto Pandolfo di Lienz e certamente con il consenso suo e dei suoi fratelli, perché continuò a godere indisturbata la sua parte di eredità, cioè il terzo, come era stato stabilito nel testamento di Ainardo, dal momento che anche il suo secondo marito si trapiantò a Vigo dove stabilì la sua dimora ed esercitò il Notariato. Finalmente nel 1350 fu consacrata la chiesa di Sant'Orsola (don P. Da Ronco, ASBL, Anno VIII, p. 795) e in questo stesso anno Margherita cessò di vivere, come risulta dal contratto del 29 settembre 1359, col quale i figli di Juano de Longareya, nipoti di Margherita e di Josto, si misero d'accordo con Federico Pandolfo, secondo marito di Margherita, per l'eredità degli zii. Questo documento è trascritto da mons. G. De Donà, in Cadore, Voi. III, p. 455 e lo riportiamo qui di seguito:

"Nicolo q. Juano di Longareya ducatus Carinthiae per se e pe’ suoi fratelli Odorico e Vilielmo fece - a Federico detto Pandolfo q. Corado de Loncio abitante in Vigo - fine e quietanza della eredità della loro zia Domina Margherita, moglie del prefato Federico, e del loro zio Josto fratello della detta Domina Margherita - avendone in fatto ricevuta la eredità ed i beni, e di più £. 160 pei mansi giacenti in terra Theotonica, come da carta 8 Novembre 1350 del Not. Ant.° Cuzolino de Peluxio, promettendo dì non chiedergliene più nulla in peno di 100 ducati d'oro di buon peso, e di mandargliene fra due mesi consimile fine e quietanza in tedesco de' suoi fratelli sunnominati sigillata col sigillo del Podestà de Loncio..." Quindi, dopo vari contrasti, Federico Pandolfo divenne beneficiario di buona parte dei beni di Ainardo, tra cui la casa murata di Vigo. Già due anni prima, e precisamente il 6 febbraio 1357, il Patriarca Nicolo di Lussemburgo gli aveva confermato il giuspatronato di Sant'Orsola, riconoscendolo successore dì Ainardo e di Josto "...tamquam haeres testamentarius successus in bonis q. Ajnardi de Vigo ac Justi q. Odorici de Lisacho et Margheritae istius Justi sororis et uxoris tuae...". Ciò fu confermato anche nel 1361 dal Patriarca Lodovico di Aquileia, come risulta dal regesto di mons. G. De Donà, a p. 345 del manoscritto Miscellanea cadorina: "Lodovico Patriarca, mosso più dai meriti che dalle preghiere del prenominato Federico detto Pandolfo q. Corrado da Lienz, quale erede con sua moglie Margherita dei beni che furono di ser Ainardo e di Josto q. Odorico de Leisacho, gli conferma tutti i diritti già concessi e riconosciuti a lui e ad essi dai suoi predecessori di buona memoria Bertrando e Nicolo con decreto dato dal suo palazzo patriarcale di Aquileja il 12 [...] 1361.

Federico Pandolfo fece testamento il 27 aprile 1361 ed anche lui nella casa che fu di Ainardo, che risulta appartenergli e della quale può disporre liberamente. A tale proposito riportiamo qui parte del regesto della pergamena n.° 179 conservata nella BSC di Vigo che ilprof. Fabbiani fornì a Carlo Rapozzi:

"27 aprile 1361... Federicus dictus Pandolfus et fillius q. Coradi de Leuco de terra teutonica nunc in Vigo Cadubrii commorans",

sano di mente, "licet corpore languens", fa testamento:

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"primo legò alla Chiesa di Sant'Orsola di Vigo tutta la sua casa murata con "canipas, cameris", con una casa "ab igne et cum uno tablado apud se tenente cum cassuralibus" e tutti gli edifici a questa casa pertinenti con orto, corte, cortali, terre circostanti, con gli alberi sovrapposti "a Paladis in intus", come li possedeva "Ainardus de Vigo", coll’obbligo di dare a Nichilo suo fratello lib. XXV parv. pro legitima. A Caterina sua nipote che dimora adesso con lui, lire XXV, il resto dei denari serve per acquistare beni alla chiesa di Sant'Orsola alla quale lascia anche una "merendariam terrae cum suo prato in Vigo de Cadubrio in Cantre post Palladas", lascia altre terre in Lagunado, una ravina in Fallade di Vigo, altre terre in Vigo:

"a Samin, in Pritenis, a Barcho, un prato in Palloto ... Actum Cadubrii in Vigo in domo murata habitacionis predict. test."

Da queste righe risulta evidente che questa proprietà così ricca e complessa si trova a Vigo, in località Palada (o Palade) o nelle immediate vicinanze, località non distante da Cantre o Chiantre che doveva trovarsi subito dopo o dietro.Il viale di Popalada è quel sentiero che, dopo la salita della "Riva da Ronco", oggi via IV novembre, conduce da Vigo a Pinié e in Cialéa attraverso i prati e lo troviamo nominato anche nell'inventario dei beni di Sant'Orsola dell'anno 1670, dove segna proprio il confine orientale dell'abitazione del Rettore e dei possedimenti circostanti:

"...Haec sunt bona stabilia supradicti Reverendi Rectoris. Domus, seu habitatio Reverendi Rectoris, una cum horto et petia terrae prativa, et partim arativa quantitatis unius Jugeris, cum dimidio, quae firmat a mane in viali Popalada, a meridie in via publica, a sero in illis de Roncho, pariter a nulla hora in illis de Roncho..."

"Questo sentiero è ricordato anche nel Laudo di Vigo del 1609, come si legge nell'opuscolo “I Laudi di Vigo di Cadore” del prof. Fabbiani, a p. 32, al n.° 73: "...Item fu ordinato et statuito... che.,, sia serrata o fatta serrar con buone Chiasure la strada di Popallada, la quale va verso Rozuo, et li tre Ponti..." (a quel tempo Pinié non esisteva ancora, perché fu fondato nel 1700, come afferma il prof. Fabbiani a p. 3 dello stesso opuscolo) e più avanti a p. 36, al n.° 92: "Item un altro Vial in Po Pallada, che esce fuora dal pascolo et entra nelle possession di quelli di Piazza fuora per l'enzena, qual viale serve alle Possessioni verso Corvole parte, et parte in Colosiei". A questo punto è evidente che le due abitazioni, quella della Rettoria e quella che fu di ser Ainardo da Vigo sorgono entrambi nello stesso luogo, in località Palada, vicino a Chiantre, anzi sono sempre lo stesso edificio. Quindi la casa murata di Ainardo, che dopo la morte di Federico Pandolfo, avvenuta poco dopo il 1367 (mons. G. De Donà, Miscellanea cadorina, p. 345), divenne la Rettoria di Sant'Orsola, non era "c o n t i g u a" alla chiesetta come si credette per molti anni, ma distava da questa circa un centinaio di metri, più avanti, sulla sinistra della strada che da Vigo conduce a Laggio ed è proprio quella che fin dal 1500 fu chiamata volgarmente "‘l Cason de Santa Orsola"

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Nel testamento del 20 maggio 1346 al quarto "item" Ainardo legò alla sua chiesa tutte le decime "...quas habet in Regulatu de Ultraplavim de Cadubrio, incipiendo a vertice de Vigo in loco qui dicitur Bevorcha per viam de Vigo et de Laglo superius usque ad rivum de Laglo versus meridiem..." e "...a dieta via inferius versus s. Danielem in galèa..."

E' proprio questa località che ora ci interessa; Bevorcha, Beorca, Beorcia significa bivio, biforcazione e in questo caso è spiegato chiaramente che si trova in cima al paese di Vigo; è senza dubbio l'incrocio della strada che porta a Laggio con il sentiero che conduce a Pinié, cioè il punto in cui il viale Popalada si separa da Borgo Ronco, l'odierna via IV novembre. Bevorca era già stata nominata nell'atto costitutivo del beneficio di sant'Orsola del 1° marzo 1345 sempre a proposito delle decime da riscuotere ed in questa occasione si specificava ".. .incipiendo a via et a cruce Bevorchae, a Puteo, et a Casanova inferius..."

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Quindi in questo luogo sorgeva già un Crocifisso che la tradizione ha voluto ci fosse anche oggi, non lontano c'era un pozzo che esisteva ancora nel 1829 come risulta dall'inventario che riporta quella data e accanto la ormai famosa Casanova che corrisponde esattamente alla casa murata di Ainardo, più tardi divenuta Rettoria della chiesa di Sant'Orsola.

Se è così, come ci spiega lo stesso nome, questo edificio risulterebbe quasi contemporaneo alla chiesa o non di molto antecedente. Forse Ainardo se lo costruì proprio in occasione del suo matrimonio con domina Margherita di Leisach. Ciò è confermato da Francesco Velluti in Memorie figurative ed architettoniche del periodo caminese a pp. 122-123, dove afferma che:

"...questa casa esiste tuttoggi e malgrado i rimaneggiamenti passati e recenti costituisce un interessantissimo esempio di costruzione trecentesca cadorina. La dimora di Ainardo è stata oggetto di una recente e radicale ristrutturazione la quale ha rivelato, anche se per breve tempo, una perfetta identità con i caratteri costruttivi della vicina chiesa di S. Orsola: il medesimo paramento e filari di sassi, le stesse fugature di malta chiara stese con un preciso disegno geometrico a riquadrare o a rettificare l'irregolarità dei sassi...

...Nell'interno della casa di Ainardo erano affiorate delle interessantissime paredane lignee e grandi tavoloni verticali immaschiati tra dì loro nella tipica tradizione costruttiva delle vicine valli pusterensi e del Tirolo (si veda la cappella del castello di Campo Turres). Di questa stanza è scampata alla distruzione una sola porta lignea a pannelli trilobati che si possono definire un esempio di grande rarità per la sua quasi certa appartenenza al secolo XIV; essa aveva una apertura analoga che faceva "pendant" ma che è andata distrutta nelle operazioni di smontaggio.Durante i lavori di trasformazione era apparso su di una parete anche un dipinto araldico che raffigurava il probabile stemma dei "da Vigo", lo stesso che figura in un documento che li riguarda, ora conservato nell'Archivio Storico Cadorino...". (???) Anche i numerosi cocci di ceramica rinvenuti e che continuano a riaffiorare dal terreno circostante, molto simili a quelli riemersi dallo scavo effettuato attorno alla chiesetta di Sant'Orsola nello scorso mese di giugno (1996), stanno a dimostrare l'appartenenza ad una facoltosa famiglia vissuta in epoca medievale.

Quindi riassumendo, dai documenti che ancora si conservano, sappiamo per certo che questa casa trecentesca fu abitata da Ainardoe dalla moglie Margherita, figlia di un Odorico di Leisach o di Longareya e che insieme a loro visse anche il fratello di lei Josto; non si sa se questo avesse trasferito a Vigo la sua dimora stabile o se vi trascorresse solo qualche periodo dell’anno, ma è sicuro che alla morte di Ainardo diventò il suo erede principale e che continuò ad abitare la casa di Vigo assieme alla sorella Margherita ed alla sua sposa che Monsignor Giovanni de Donà in Cadore ... a p,,.. dice chiamarsi anch'essa Margherita, della quale non ci è stata rivelata la provenienza, ma che morì senza discendenti. Non sì capisce con chiarezza come Federico Pandolfo, secondo marito di Margherita, sia entrato in possesso di questa casa, ma è certo che vi dimorò e a lungo; e la prova più sicura che gli apparteneva, è che di essa potè disporre liberamente nel suo testamento ed assegnarla alla chiesa di Sant'Orsola che vide così arricchita la sua dote e che potè spostare la sede (la dimora del Rettore) del cappellano dal maso, che non era molto lontano, in questa casa più confortevole e comoda.

Infatti dopo la morte di Federico Pandolfo avvenuta poco dopo il 1367 (come abbiamo ricordato sopra), quest'edificio risultò essere sempre legato ai benefici della chiesa, in momenti particolari fu anche l'abitazione dei Pievani di Vigo. Il 4 aprile 1381 era Pievano di Vigo Vendramino da Lorenzago e cappellano di Sant'Orsola suo fratello Francesco (Miscellanea cadorina di G. De Donà, p. 389) e il 14 agosto 1388 il Presbitero Vendramino (così erano chiamati i Pievani di Vigo) abitava questa casa di muro (p. 399 dello stesso manoscritto), nella sala maggiore della quale fu rogato il documento stesso; la medesima cosa è confermata nel contratto stipulato l'anno seguente e precisamente il 6 maggio: "...in Vigo nella casa di muro della Rettoria di Sant'Orsola già abitata da Ainardo...".

Un documento successivo riguardante quest'edificio è del 25 novembre 1433 ed è trascritto da don Pietro Da Ronco in Cadore, vol. III, p. 457-458: "... Ibique quoniam per incendium muraje et rasentamnta domorum q. Domini Ajnardi de Vigo essent desolate et derelicte in magnum damnum et praeiudicium Capellae sanctae Ursulae dicti loci, et ipsius utilitatem et honorem potius cederet talia in alium ad livellum perpetuale concedere quam sic dimittere..."

Dunque, come afferma Carlo Rapozzi/ in "Il patrimonio..." p. ...,"... con questo atto si ritenne opportuno e conveniente per la chiesa di Sant'Orsola cedere le rovine di questa casa, che qualche tempo prima era stata distrutta da un incendio, piuttosto che abbandonarle così come stavano e si decise di affidarle a livello perpetuo ai de Gidino che, dopo la morte dì Federico Pandolfo, esercitarono il giuspatronato della chiesa assieme alla famiglia Da Sacco...", poiché, come scrive il Rapozzi/ in "Giuspatroni e Rettori della Chiesa di S. Orsola, p. 1, "... se la tradizione ha veramente un fondo attendibile, le due famiglie deriverebbero dalla famiglia originaria di Ainardo che, da lui beneficata con legati testamentari, ebbe in dotazione beni di S. Orsola...".

Durante le operazioni di restauro si trovarono i segni di questo incendio e si potè constatare che era scoppiato al piano superiore e precisamente nella stanza posta a nord-est. Nell'inventario dei beni di Sant'Orsola fatto dal Rettore ... il ...(da controllare), questa stanza risulta essere stata una cucina al centro di essa si trovava il "larin" che fu demolito negli anni 1960; sarà stata una cucina anche al tempo di Ainardo? Forse no, perché (come è specificato nello stesso inventario (?) questa era la cucina nuova, mentre la vecchia si trovava al pian terreno, aveva una finestra verso mezzogiorno ed una verso mattina, perciò si trovava nell'angolo sud-est dell'edificio (da rivedere). Oltre al tetto ed alla soffitta, l'incendio distrasse sicuramente anche una delle due pareti che separavano il corridoio centrale dalle stanze laterali, che fu poi ricostruita nella parte posteriore (cioè dove si trovava la cucina) in muratura e nella parte anteriore con tavole orizzontali, a differenza dell'altra, quella che racchiudeva le due porte trilobate, che era formata da tavoloni verticali molto più larghi e più spessì. Probabilmente le porte trilobate che si aprivano sul corridoio in origine dovevano essere quattro. In quella parte della casa furono bruciacchiate anche le grosse travi di larice che dividono il piano terra dal primo piano, ma senza gravi danni, infatti questa travatura originale esiste ancora oggi.

Nel documento del 1433, col quale in seguito all'incendio si stabilisce di affidare la Rettoria di Sant'Orsola a livello perpetuo, sono indicati anche i confini:

"... Joannes q. Jacobi ser Gidini de Vigo per se et suos haeredes dedit, concessit et novam investituram fecit Jacobo eius fratri q. dicti ser Gidini, pro se ipsisque haeredibus stipulanti et recipienti ad livellum perpetuale retinendo a dicta Capella S.ae Ursulae antedictas murajas et rasentamenta domorum praedicti q. d.ni Ajnardi de Vigo cum cessa et cortali secundum terminos ibidem inter eos positos et adsignatos in dicto Vigo cum puteis ab aqua, viis et anditis... Firmat autem de supra et versus mane in possessione Sanctae Ursulae praedictae, versus sero partim in possessione Antonii de Candido dicti loci et partim in via a campis; de subtus in via comuni, et etiam de supra partim in possessione Antonii et fratrum de Roncho ...".

Forse furono proprio questi confini a trarre in inganno e ad indurre a credere che la casa di Ainardo (poi Rettoria di Sant'Orsola) sorgesse "contigua" alla chiesa e quindi confinasse con essa. In questo documento è specificato che confinava a nord (de supra) e verso mattina (versus mane) con i possedimenti di Sant'Orsola; certamente dopo l'incendio che la devastò non fu ceduta ai de Gidino l'intera proprietà, bensì solo il rudere dell'abitazione "... cum cessa et cortali... cum puteis ab aqua, viis et anditis „.", che confinava a nord e ad est con gli altri possedimenti (prati o campi) che continuarono ad appartenere alla chiesa.

Confrontando i rimanenti confini con quelli dell'inventario del 1670, osserviamo che a sud c'è sempre la strada che è detta "comuni" nel 1433 e "publica" nel 1670; ad ovest nel 1433 la casa della Rettoria confinava con Antonio de Candido e nel 1670 con "illis de Roncho", ma è possibilissimo che nel frattempo i Da Ronco abbiano ingrandito la loro proprietà, dal momento che già nel 1433 possedevano un terreno a nord che risulta appartenere loro anche nel 1670. Inoltre nel frattempo la famiglia de Candido potrebbe essersi trasferita altrove (forse a Santo Stefano di Comelico) o essere addirittura estinta, poiché non è più nominata in nessun documento riguardante Vigo. (? da controllare).

© 2014 Luciana DE NICOLÒ