LA FAMIGLIA PELLEGRINI
Giunti a Lozzo di Cadore nel 1876, si diedero con successo agli affari e aprirono la farmacia
di Giuseppe Zanella
Articolo tratto dal mensile Il Cadore pubblicato nel mese di Gennaio 2013
Il capostipite Giobatta ebbe ben 10 figli e tutta la famiglia, sempre, dette prove di solidale altruismo. Fra i nipoti, il famoso glottologo prof. Giovanni Battista.
Dal libro del comm. Ezio Baldovin (“Pagine di storia ed itinerari turistici di Lozzo di Cadore” - edizione II del 1983 - tip. Piave, pagg. 174) apprendiamo che i cognomi correnti in paese, a partire dal secolo XIV, erano ben 19 dei quali ben 8 sono andati estinti. Dal 1400 e fino al 1884 gli 8 cognomi scomparsi sono stati via via sostituiti da altrettanti riferiti a famiglie che presero fissa dimora nel paese centro cadorino. Uno di questi cognomi, penultimo in ordine di tempo, fu giustappunto quello della famiglia Pellegrini. Nel 1876, infatti, arrivò a Lozzo Giobatta Pellegrini, benestante, proveniente dal comune agordino di Rocca Pietore, discendente da un facoltoso capostipite colà conosciuto con il nomignolo di “Simon de’ bez” (Simone dei soldi). Nove anni prima, a Lozzo, c’era stato il rovinoso incendio che aveva distrutto, quasi per intero, il paese ed il nuovo arrivato acquistò l’area, prospiciente la vecchia chiesa ed il campanile, su cui sorgeva ancora il rudere di un immobile di grandi dimensioni, il tutto distrutto dall’infausto evento che tanto dolore e solida rietà aveva suscitato nell’intera nazione. Accolto nell’ambito della Regola locale mediante il versamento di quello che oggi verrebbe chiamato ‘contributo associativo’, il sig. Giobatta, con al seguito moglie ed una schiatta di figli, si dette subito da fare, riattò ed in parte ricostruì su nuove basi l'intera struttura rendendola comoda e confortevole e dandole una architettura moderna e signorile; al piano terra ricavò dei locali adibiti ad emporio (generi alimentari, chincaglierie, ferramenta, privativa ecc.), emporio che presto divenne il punto di riferimento non solo di Lozzo ma dell’intero comprensorio. Con gli anni, il sig. Giobatta avviò pure una fiorente attività di segheria in loc. Ronzie sfruttando, come forza motrice, l’acqua del rio Rin. Infine, a lato dell’emporio, dette avvio ad un negozio di erboristeria, successivamente integrato da una delle poche farmacie allora esistenti sull’intero territorio cadorino. La cura della erboristeria era affidata alla dinamica e sagace figlia Gabriella, mentre la farmacia era gestita dal figlio neolaureato Bruno. Di figli, Giobatta ne ebbe ben 10: Dante, Angelo, Antonio, Valerio, Bruno, e Gabriella, Apollonia, Rita, Lucia, Cora). Valerio, laureatosi in farmacia, andò subito a gestire una farmacia in quel di Cencenighe. Cora andò sposa ad un Chiarelli della nota e facoltosa famiglia di Mel. Lucia andò sposa a tale Gemin di Treviso. Gli altri 7 figli e figlie rimasero a Lozzo a collaborare con il padre nelle variegate, molteplici attività e nessuno di essi mai si sposò. Gli affari andavano a gonfie vele e la casa signorile, dalla inconfondibile e bella struttura architettonica, era diventata nel tempo un importante punto di riferimento per l’intera comunità. E questo non soltanto per le attività economiche che trovavano espletamento al piano terra, ma anche perché, negli anni a cavallo fra il 18° e 19° secolo, anni caratterizzati dalla miseria, dalla emigrazione, da guerre e malattie, la famiglia dette eloquenti prove di umanità e solidarietà nei confronti della stremata popolazione. Erano gli anni della pellagra, le banche non esistevano o erano fallite e molti casati, anche quelli più antichi, trovandosi in ristrettezze e difficoltà, facevano ricorso a prestiti dai pochi soggetti che disponevano di liquidità in eccesso ed il risultato, alle volte, era la pratica di interessi alquanto esosi, oppure l'iscrizione ipotecaria su beni ‘storici’ i quali, alla scadenza, venivano, non di rado, incamerati dai creditori. Ebbene, la famiglia Pellegrini si distinse sempre per correttezza e linearità di comportamento, non pretese mai interessi e non escusse mai alcun debitore, anzi dilazionò oltre misura il rientro dei suoi crediti dando così alle famiglie bisognose un fattivo aiuto in momenti di grosse difficoltà. E nelle avversità, che non di rado toccavano soggetti magari già provati da difficoltà economiche e dalla crisi (vedi 1929-1930), i Pellegrini, di loro iniziativa e con molta discrezione, si facevano vivi con interventi sostanziali e decisivi. Alla morte di Giobatta, il patrimonio famigliare aveva assunto dimensioni ragguardevoli ed i fratelli godevano di generale stima, rispetto e considerazione. Angelo ed Antonio, in epoche diverse, sedettero sui banchi del Consiglio Comunale e in Giunta. Antonio fu anche sindaco. Il dr. Bruno, provetto cacciatore, si dedicava sempre alla farmacia non disdegnando interessi anche per la botanica, mentre Gabriella, oltre che provetta erborista, era il deus ex machina della famiglia e delle attività caritatevoli. Chi scrive ha un buon ricordo di tutti i fratelli, in particolare del dr. Bruno, che spesso incontrava a Brodevin, unitamente a Bepi della Lana e Floro Baldovin, al ritorno dalle prammatiche battute di caccia, con l’accompagnamento del bellissimo levriero (‘l Tel de sior Bruno). Il ricordo va anche al distinto, impeccabile sior Angelo, gestore della segheria e dell’emporio, allorquando il sottoscritto si recava, bambino, al bar delle Bettine, per ‘scroccare’ le caramelle a suo nonno Bepi intento a giocare a tresette con Tita Poa, Polonio mutilato e, appunto, sior Angelo. Uno alla volta, nel breve giro di qualche anno, i fratelli se ne sono andati con la stessa discrezione di come erano vissuti. Ed in cimitero sono tutti insieme nella tomba di famiglia, tranne Antonio che volle essere sepolto nella nuda terra all’ingresso della stessa tomba. Quell’Antonio Pellegrini che tanto amò gli unici tre nipoti: il prof. Cesco (Francesco) Gemin, Lucia Chiarelli sposata Sartori e, soprattutto, il prediletto prof. Giobatta Pellegrini, eminente glottologo di fama internazionale ed unico a chiamarsi come il nonno. La famiglia Pellegrini è ora estinta in quel di Lozzo, ma sopravvive nei nipoti di Valerio (i figli del glottologo Giovan Battista) che onorano, alle volte, il paese con la loro presenza a Pian dei Buoi dimorando nella ‘villa’ Pellegrini, già ‘ostello’ di caccia di Bruno. La bella casa di Lozzo è stata acquistata e riattata dal Comune e continua ad ospitare la farmacia. Ora è anche sede del ristorante ai Pellegrini e, sul retro ed all’ultimo piano, ospita una sala polifunzionale, una biblioteca e la sede del Gal.© 2013 Il Cadore
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