Intervista di
Renato De Carlo a Max Pachner
SAPPADA NON PUO’ VENDERSI
“Il referendum per il passaggio dal Veneto al Friuli ha una motivazione economica, comprensibilissima, non ha per nulla una giustificazione storico-culturale”
Articolo tratto dal mensile Il Cadore pubblicato nel mese di febbraio 2011
Doveva essere un approfondimento sulle motivazioni della secessione di Sappada ed invece l'intervento di Max Pachner alla trasmissione televisiva su Antenna3 ha scatenato l'attacco del fronte per il Friuli contro l'ex sindaco che danneggerebbe la causa. Cosa succede a Sappada?
Dopo il referendum che ha sancito la volontà della popolazione alla secessione dal Veneto, ora i ripensamenti?
“Quest'idea di trasferire Sappada in Friuli non è nuova – ricorda Pachner -. Già negli anni 1967-68 c'era stato un tentativo di agganciarci ad una regione a statuto speciale mediante l'intervento di alcuni parlamentari del Friuli - Venezia Giulia, però allora la legge che normava il passaggio tra regioni poneva condizioni (e scandisce bene la parola) insormontabili. Siamo andati avanti per una decina d'anni senza alcun risultato. Anche nel 1977 in un convegno a Sappada fu chiesto al senatore Mitterdorfer della Sudtiroler Volkspatei di far entrare in qualche modo quest'isola linguistica affine con la provincia di Bolzano. Ma la SVP aveva trovato una sua nicchia e non voleva sconvolgimenti; il senatore rispose che sarebbe stato estremamente difficile tutelare Sappada anche perché non era confinante e comunque non si potevano modificare le norme del trattato di Parigi. Da tempo quindi i sappadini cercano un modo per superare il disagio d'essere penalizzati dalle Regioni a statuto speciale e dalle province autonome.”
Allora, perché oggi lei si è smarcato dai referendari? Ci faccia capire?
"Il motivo del voler cambiare regione è sempre stato economico. Anche il referendum di adesso ha una motivazione economica, comprensibilissima, io la rispetto fino in fondo. Tuttavia, personalmente sono uno dei quarantuno che hanno votato contro il passaggio di Sappada in Friuli, e l'ho fatto per intima convinzione, conoscendo ben bene la cultura e le tradizioni del mio paese. Bisogna sapere che Sappada, turisticamente parlando, è stata valorizzata dalla gente di Trieste nel primo dopoguerra, quando in città c'erano gli americani e quindi un'economia molto fiorente e i triestini venivano a Sappada specialmente in periodo invernale per praticare lo sci. E' normale che oggi si cerchino in Friuli quegli incentivi economici che solo una regione a statuto speciale può dare.
E' normale dunque che cerchino nel confinante Friuli quegli incentivi economici che solo una regione a statuto speciale può dare.
“Sì, ma non adducendo motivazioni come un legame col Friuli di tipo storico-culturale o di affinità che non c’è mai stato: assolutamente. Pur essendo Sappada un’isola etnica tedesca, c’è sempre stato invece un legame con il Cadore:
‣abbiamo fatto parte del Patriarcato di Aquileia dal 1077 fino al 1420 quando è subentrata la Repubblica Veneta fino al 1796, come tutto il Cadore;
‣dopo gli anni del periodo napoleonico siamo passati all’impero austro-ungarico, durante il quale fu trasferito il catasto che allora era a Rigolato ad Auronzo nel 1852.
‣Se andiamo a vedere la storia, e l’Associazione Plodar ha pubblicato tutta una serie di volumi, – sottolinea Pachner - a dirimere le liti con i paesi confinanti del Cadore è sempre stata Venezia.
‣Poi nel 1866 quando il Veneto è passato al Regno Sabaudo, i 263 capifamiglia chiamati a votare se volevano andare in provincia di Belluno oppure no, all’unanimità hanno scelto Belluno. Questa è la storia.”
Lei Pachner di battaglie per le autonomie e contro le diseguaglianze ne ha fatte parecchie, sia nel periodo che fu sindaco di Sappada che da assessore provinciale con Oscar De Bona e poi al suo fianco in Regione. C’è stato qualche risultato?
“Ho sempre cercato di trovare il sistema affinché Sappada non perda la propria identità. La prima battaglia che feci fu nel 1977 e chiesi assieme all’associazione internazionale AIDLCM che trovasse attuazione l'art. 6 della Costituzione che recita: ‘Lo Stato italiano tutela le minoranze linguistiche con apposite norme’. Ci sono voluti ben 50 anni, solo nel 1999 è stata approvata la L. 482 che tutelava tutte le minoranze linguistiche. Dico questo per evidenziare come già allora notavo grande diseguaglianza tra noi sappadini e chi risiedeva tre chilometri più sotto.
Negli anni che fui assessore in Provincia, trovando d’accordo il presidente De Bona e gran parte del Consiglio provinciale, iniziammo una battaglia per far riconoscere la specificità della provincia di Belluno, volendo però andare anche più in là, nel chiedere una autonomia. Una delle iniziative concrete che portammo avanti nel 1995 fu quella sulla riduzione del prezzo del gasolio da riscaldamento, coinvolgendo i cadorini; col risultato dopo tre anni di veder ridotto di 200 lire al litro il prezzo. La seconda battaglia fu quella di coinvolgere province anologhe a Belluno, quali Verbano-Cusio-Ossola e Sondrio, sì da ottenere più forza mediante una autonomia, visto che eravamo incuneati tra regioni e province a statuto speciale. Venne firmato un protocollo d’intesa nel 2003 sui sovracanoni e trasferimenti, a seguito dell’emendamento Paniz, poi il tutto si bloccò; così allora spostammo il tiro chiedendo alla Regione Veneto che venisse riconosciuta la specificità della Provincia di Belluno. La Regione deliberò in tal senso ma non diramò mai i criteri attuativi e demandò il tutto all'approvazione dello Statuto, che in 5 anni non è giunto ad approvazione.”
Forse proprio da questa inattività legislativa nasce oggi la protesta con la richiesta di referendum secessionistici. Che fare in alternativa?
“La parola di moda in questo momento è ‘federalismo fiscale’, però non lo credo sufficiente e dalle prime proiezioni viste sarebbero ben pochi i comuni delle terre alte ad essere favoriti dal federalismo fiscale, altri rimarrebbero addirittura penalizzati. Bisogna avere il coraggio di dire in ogni sede che la montagna è diversa dalla pianura, tutta la montagna; quindi ha bisogno d'essere governata dai valligiani con possibilità di risorse che lo permettano. Ci vuole una grossa defiscalizzazione per tutti coloro che vivono in montagna, e non solo per chi investe. Viceversa, aumenterà lo spopolamento e quindi non ci saranno più delle comunità vive. Solo l’autonomia amministrativa potrà permettere un decollo economico e mantenere dei servizi di una grande maturazione da parte di tutte le amministrazioni, e anche da parte della popolazione, comprendendo che solo unendosi e diventando forza politica trasversale, cercando alleanze anche all'esterno di questa provincia, si possono raggiungere dei risultati.”
Meno azioni velleitarie dunque e più capacità politica...
“Il Cadore aveva una sua grande autonomia, la Repubblica Veneta gli aveva lasciato l’autonomia gestionale. Se noi andiamo a perdere questa identità forte che il cadorino ha nel suo dna andiamo a perdere una parte di noi stessi. Se viceversa la portiamo avanti con orgoglio, ricordando che la battaglia va fatta tutti uniti, in prospettiva di rientrare a godere di quelle autonomie per decidere quale è il futuro della nostra gente, allora, in quel momento saremo di nuovo padroni di noi stessi e della nostra storia. Non possiamo venderci per quattro lire in più”
Il richiamo identitario che è di molti, pensa possa passare anche a Sappada e a Cortina?
“Se guardiamo alle singole comunità sotto l’aspetto socio-culturale, vediamo che il sistema di vita da Cortina a Sappada non è (e non era) poi granché diverso. Sappada può rivendicare di avere una parlata diversa, può vantare di avere qualche tradizione diversa, Però la vita è identica. Allora, invece di dividerci, cerchiamo i motivi per i quali possiamo unirci.”
Non è la conclusione di un discorso questa di Max Pachner, sembra piuttosto l’inizio d’un nuovo impegno.
Renato De Carlo
© 2011 Il Cadore
Senza il permesso scritto dell'Editore de Il Cadore sono vietati la riproduzione anche parziale, in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo elettronico o meccanico.